Ed eccoci di nuovo a parlare di uno dei clichè delle tematiche ludiche: la terra de Sol Levante, dove nobili Samurai levano le spade per il proprio signore, furtivi Ninja tentano colpi di stato, e per qualche non ben precisato motivo bisogna stare per terra a mangiare: sto parlando naturalmente del Giappone.
Tradizione e innovazione si mescolano tra pagode, negozi di fumetti, robot e rituali millenari. Forse è proprio questa commistione quasi distopica che ci fa amare così tanto questo paese, o forse sarà il sushi e il sakè, chi lo sa.
Fatto sta che appena qualcuno mette, con tinte pastello, l’immagine di volti con occhi a mandorla e sfondi pieni di alberi di ciliegio, le antenne immediatamente si alzano e l’hype va alle stelle.
Solitamente si parla di giochi che strizzano l’occhio alle lotte per le dinastie, infarcite di diplomazia e battaglie (sì, sto parlando di te, Rising Sun), a volte però capita di imbattersi in titoli gestionali e strategici.
La Devir conosce bene il tema e qualche tempo fa era uscita con un distruttore di meningi dal peso più che ragguardevole, che porta il nome di Bitoku: tra carpe e folletti nipponici, si tenta in ogni modo di diventare il nuovo Spirito Guida dei colorati boschi del Sol Levante.
E poi arriva questa piccola scatolina dai colori tenui, con un grande edificio lindo che campeggia sul coperchio. La apri ed è come entrare in un buco nero di token, meeple, carte e tabelloni. Come abbiano fatto a far entrare centinaia di componenti in un contenitore così minuto e innocuo è ancora un mistero ai miei occhi.
Stiamo parlando, naturalmente, di The White Castle, titolo che ha avuto un successo enorme in tutto il mondo. E quando lo ho giocato, ho capito perché.
Questo gioco racchiude tutto quello che un buon German deve avere: dal piazzamento lavoratori, all’ottimizzazione delle risorse, alle combo pianificate con cura. Il tutto in meno di un’ora di gioco e in soli 9 round. Praticamente, un filler spezzacervello da intavolare prima o dopo la portata principale, per scaldare i muscoli senza cadere nel banale.
Setuppi, giochi e rimetti a posto, pronto per il prossimo titolo. Ti piacerebbe, vero?
E invece no! Perché il setup è devastantemente lungo per un titolo da meno di un’ora, parliamo di apparecchiare un tabellone di gioco con un mucchio di carte e token per garantire un setup sempre diverso, mettere risorse di vario genere e tipo in giro per il tavolo e poi, dulcis in fundo, preparare le plance giocatore. E una volta finita la partita e proclamato il vincitore, arriva la sfida più difficile: rimettere tutto dentro quella piccolissima scatola.
Non potevamo accettare questa situazione, ed è nato il nostro organizer per The White Castle, di cui andiamo veramente orgogliosi. In pochi e semplici contenitori, tutto sarà pronto in un lampo e, soprattutto, tutto starà di nuovo nella scatola a fine partita con chiusura a filo, anche con le carte imbustate. Non abbiamo lasciato un millimetro libero, ma il risultato è un design di interni degno di Marie Kondo. Provare per credere!
Perché quando c’è da costruire un castello bianco, sono le pietre del setup a renderlo solido e inattaccabile. Sayōnara, disordine.
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