I fantastici anni 80: mentre impazzava il Glam e l’eccentricità la faceva da padrona, prendeva forma quello che oggi chiamiamo il gioco da tavolo moderno.

I vari Star Quest, Hero Quest, Risiko e Monopoly sono stati il bozzolo iniziale per creare un universo che, al giorno d’oggi, vanta migliaia di titoli.

L’evoluzione del gioco da tavolo è stata incredibilmente simile al Darwinismo biologico: una volta trovato terreno fertile, l’incremento delle specie ludiche è stato esponenziale, e le prime “specie da tavolo” hanno fatto da apripista a un albero evoluzionistico incredibilmente ricco.

E come, nel classificare le varie specie, si prendono delle macrocategorie, come ad esempio i generi o le classi, così nel gioco da tavolo possiamo prendere delle fondamenta, ovvero le meccaniche, le illustrazioni e le componenti.

Una delle evoluzioni più importanti del gioco è stata proprio sui componenti. Guardando un gioco da tavolo con l’occhio critico di chi è stato spettatore della crescita del panorama ludico, diventa facile datare un gioco anche solo guardando come si presenta sul tavolo. Come il carbonio 14, uno dei metri di giudizio per dare un’età sono i materiali e la loro complessità.

In passato, negli anni 90 e 2000, si dava un peso specifico enorme alle meccaniche, e i materiali solitamente non erano nient’altro che dei semplici cubi, token o al massimo meeple, aventi esattamente il significato che dovevano avere. Non c’erano grossi orpelli grafici o fisici, e tutto quello che serviva era in piccole scatole, non c’era niente di più e niente di meno del necessario, proprio come una piccola e funzionale scatola degli attrezzi. Autori come GMT sono diventati iconici e sono molto valorizzati anche oggi proprio perché, a partire da pezzi sempre identici (i famosissimi cubi della GMT), creavano mondi con meccaniche incredibilmente complesse, arrivando a giochi di altissima caratura concettuale.

Un po’ per la legge della domanda e dell’offerta, un po’ per l’evoluzione delle tecnologie e l’accessibilità di mercati a basso costo di produzione, un po’ anche per una mera passione crescente per l’estetica, l’evoluzione dei materiali è stata veramente incredibile, e negli ultimi 10 anni abbiamo assistito a una trasformazione radicale di quello che è il gioco da tavolo a livello fisico.

Croce e delizia di noi appassionati, quelli che erano token sono diventati meeple, poi miniature e poi pezzi custom (basti pensare a Iwari per esempio) con meccanismi e modularità. L’estetica la sta facendo da padrona ultimamente, e spesso il vero significato di quello che mettiamo sul tavolo viene aumentato, o diminuito, esponenzialmente. Dimentichiamoci i cubi della GMT, ora la truppa d’assalto è una miniatura finemente stampata in 3d con nuovi dettagli a ogni sguardo. Dimentichiamoci il foglietto di cartoncino di spessori a volte ridicoli, ora le plance sono dual layer, con spazi dedicati a ogni possibile meeple o altro pezzo che ci alloggia. L’unico limite è la fantasia, e sempre più spesso una parte fondamentale dell’esperienza ludica è la scoperta di cosa ci sarà nella scatola.

Pregio o difetto? Entrambi, in realtà. Sempre più giochi, purtroppo, perdono il loro significato in inutili orpelli miniaturistici, e a volte preghiamo di tornare al cubetto GMT per evitare di perdere prezioso tempo e spazio. Altre volte invece il componente è la ciliegina su una torta ricchissima in meccaniche sopraffine e illustrazioni evocative: non vediamo l’ora di mettere in campo la nostra miniatura o meeple migliore, caricandola di significato e aspettative.

Naturalmente, il nostro auspicio è sempre di misurare bene il terreno su cui poggeranno gli splendidi componenti del prossimo gioco, per non rischiare di strafare inutilmente rendendo la vita difficile ai giocatori. Perché il valore di un componente deve essere commisurato, sempre e comunque, alla sua utilità. Ma il componente giusto nel posto giusto può veramente fare la differenza. E noi del team The Dicetroyers, che li misuriamo ogni giorno, ne sappiamo qualcosa.

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